Pagina curata da: Alferi Giorgia, Lazzara Nadia

Architettura

chiesa madre

La chiesa Madre di Santo Stefano Quisquina  è stata fondata nel XIV secolo per volontà di Federico Chiaramonte, patrone di S. Stefano Q. e fu dedicata a San Nicolò di Bari, precedentemente alla madonna di Itria. In diversi tempi ha subito modifiche di consolidamento, restauro, ampliamento, che l’hanno resa sempre più splendida. Essendo stata costruita in una zona franosa, ha subito delle conseguenze strutturali. Lo stile della chiesa Madre è romanico con elementi di arte barocca. Nel 1700 il principe di Belmonte, l’ha rifatta con opere d’arte che anche oggi si possono ammirare. Le origini della chiesa sono descritte in due lapidi a destra e a sinistra dell’ingresso centrale. In alto in una pietra è stata scolpita la data dei lavori della chiesa Madre:1775; dall’altra parte 1623. All’interno della chiesa troviamo delle opere d’arte che meritano tanta attenzione. La chiesa è costituita da tre ampie navate e con un bellissimo presbiterio. L’altare maggiore è arricchito con marmi. In alto troneggia il crocifisso che è stato donato dal principe di  Belmonte quando la chiesa è stata consacrata. Il fonte battesimale è molto antico: il 1 novembre 1698 è stato battezzato Giaginto Ansalone. Quest’anno in occasione del Giubileo il nostro arcivescovo ha scelto la chiesa Madre come chiesa Giubilare.
La settecentesca Chiesa Madre riassume la storia di tutta la comunità stefanese poiché conserva le maggiori opere artistiche e soprattutto custodisce il gran patrimonio spirituale legato alle tradizioni e alla devozione verso i suoi Santi; ma la chiesa rappresenta per gli stefanesi qualcosa di più di un semplice edificio, poiché come dice Calogero Messina "...dentro ed intorno vi si svolge da secoli la vita degli stefanesi." Da antichi documenti risulta che la chiesa di S.Nicola (il cui culto era molto diffuso all'inizio del millennio) fosse già esistente nel XII secolo. la chiesa è stata consacrata il 4 settembre 1774 dal vescovo di Girgenti Mons. A. Lanza. Ad abbellire la chiesa furono i fratelli Manno pittori di notevole fama e commissionate preziose statue lignee dorate ed un crocifisso intagliato. In occasione dell'elevazione a Santuario la chiesa ha visto l'ultimo restauro che ha aggiunto alla numerose opere d'arte già presenti alcune più recenti di fattura stefanese. L'impianto è basilicale ed a 3 navate divise da due file di 4 colonne di ordine dorico, la navata centrale ha copertura a botte ed è più alta e più lunga delle laterali; il presbiterio è rialzato termina con un'abside semicupolato mentre le navate laterali terminano con una volta absidale. Il prospetto, molto semplice quasi da voler nascondere la ricchezza dell'interno, è a salienti, corrisponde anche in altezza delle tre navate interne, ed è impreziosito da un portale in pietra scolpito ed arricchita da teste d'angelo ed al centro da rami di palma e ulivo. Dall'ottobre del 1987 con la canonizzazione del domenicano stefanese Giacinto Giordano la chiesa è stata elevata a Santuario.

 


CHIESA DEL CARMELO

Divenuta parrocchia nel 1950, crollò nel 1961 e oggi dell'edificio originale sopravvive solo il campanile a base squadrata. La nuova Chiesa è stata consacrata il 26 dicembre 1999. Custodisce numerose opere importanti che un tempo si trovavano nella Chiesa Madre, come la tela dei 15 Santi Ausiliatori e una tela dei Manno doppiamente dipinta: Santa Rosalia che fugge la vanità del mondo e sul retro L'epigrafe un tempo era lo sportello che chiudeva la cappella di Santa Rosalia in Chiesa Madre coprendo così il busto-reliquiario; inoltre le tele dell'Annunciazione e della Veronica che asciuga il volto di Gesù di F. Panepinto dell'800 ed un prezioso crocifisso ligneo del '500.

 


l'eremo di santa rosalia

L'eremo è stato costruito nelle vicinanze della grotta in cui si rifugiò per gran parte della sua vita santa Rosalia, la vergine palermitana.
Posto a 986 m s.l.m., la struttura eremitica è caratterizzata da uno stile architettonico definito ambientale poiché costruito e cresciuto a tappe quasi in maniera organica e che ben si mimetizza con l'ambiente circostante; l'eremo comprende, oltre alla "grotta", la chiesa, la cripta e gli ambienti conventuali come le celle, la cucina ed il refettorio. Il bosco della Quisquina, posto a nord-est rispetto a Santo Stefano Quisquina, è un luogo umido e ombroso, tanto che i Saraceni lo chiamarono "Koschin" (cioè oscuro); rappresentava il luogo ideale per nascondersi.

 

La storia dell'eremo ha inizio nel 1624, quando, poche settimane dopo la scoperta dei resti della Santa nella grotta del monte Pellegrino a Palermo, due muratori palermitani il 25 agosto trovarono la grotta e l'epigrafe nel secolare bosco della Quisquina; nelle vicinanze fu subito costruita una cappella. Qualche anno dopo, il mercante genovese Francesco Scassi, viene a conoscenza della storia di Santa Rosalia e della grotta così, decise di venire in Sicilia e di investire tutto il suo denaro nella costruzione dell'Eremo. Dopo avere edificato la chiesa, delle cellette, una cucina e una stalla, decise di ritirarsi e di vivere con altri tre uomini qui in quest'eremo da lui costruito. Questi fonderanno una congregazione indipendente di frati devoti a Santa Rosalia che con il tempo diventerà del tutto autosufficiente: il frantoio, il granaio, la calzoleria, la falegnameria e quant'altro si trova all'interno dell'Eremo. Nel corso del Settecento l'Eremo della Quisquina è uno dei più rinomati di tutta la Sicilia, venne visitato da vescovi, principi e cardinali ed è anche oggetto delle loro donazioni. La fama e la prosperità portarono all'Eremo moltissimi nuovi frati così i Ventimiglia, Baroni di Santo Stefano, provvedono ad ampliare ed ad arricchire la struttura, con questo intervento l'Eremo potrà ospitare fino ad un centinaio di frati. In realtà i frati veri e propri non sono mai più di dieci così i novizi dovevano passare un periodo di prova prima di diventare membri effettivi della congregazione. Questa selezione è necessaria vista alla varietà di gente che giungeva all'Eremo, infatti accanto ai devoti venivano i figli delle famiglie più povere della zona o ancora delinquenti e banditi che all'interno dell'ordina avrebbero goduto asilo religioso. Per quest'ultimo fattore cambia completamente l'assetto interno dell'Eremo. Alla fine del XIX secolo numerosi episodi contribuiscono al declino della congregazione e i pochi veri religiosi rimasti vengono messi in minoranza. Questo episodio di decadenza si conclude nel 1928 quando la congregazione viene sciolta e i frati cacciati dalla struttura. Ma i frati in realtà restarono all'Eremo l'ultimo eremita noto è Fra Vicè (Vincenzo) che ha vissuto in solitudine gli ultimi anni della sua vita vivendo di elemosina e di ciò che la gente dei paesi vicini gli offriva, è morto nel 1985 all'età di 92 anni. Oggi L'Eremo è affidato alla gestione della Pro Loco di Santo Stefano Quisquina.



ARTE CONTEMPORANEA

S.Stefano Quisquina viene definito “un paese dal ricco fervore creativo”. L’arte, la cultura e l’artigianato sono “di casa” e negli ultimi anni si è fatto strada un artigianato di alta qualità ad affiancare le nuove forme dell’estetica contemporanea.

La scultura vede i suoi maggiori rappresentanti in Lorenzo Reina e Domenico Militello, i cui lavori sono stati esposti in italia e all’estero.

La pittura vede protagonisti pittori del calibro di Francesco Chillura, Francesco Sarullo e Antonino Giafaglione che seguendo gli insegnamenti dei più grandi maestri che vanno dal trecento al novecento hanno plasmato un loro stile che guarda al passato,ma che rimane perfettamente contemporaneo.

All’educazione dei più piccoli invece si dedicano i docenti Lidia Saieva, Rosellina Cacciatore,Bruno Pistorio e Alfonso Leto che ha maturato una personale visione della pittura ed è considerato tra i maggiori esponenti della tendenza artistica conosciuta come “Arte terminale”.

Il pittore Peppe Rizzo invece eccelle senza dubbio con i suoi acquerelli dove forte è l’elemento paesaggistico.

lorenzo reina

Lorenzo Reina è un pastore e scultore stefanese.Le sue molteplici attività si pongono come esempio significativo di come l’attaccamento a un luogo e alla terra, offra, in certi casi, occasioni per rivitalizzare realtà urbane altrimenti destinate a scomparire. In lui l’arte, la pastorizia, l’allevamento delle asine, l’agricoltura sono certamente attività indipendenti le quali  tuttavia , non solo si condizionano tra loro ma insieme costituiscono un’unica realtà riconducibile entro un unico centro:l’azienda Rocca Reina,insieme fattoria didattica,laboratorio d’arte,museo,teatro e ovile.

 


alfonso leto

  • La formazione di Alfonso Leto si riconduce alla fine degli anni ‘settanta a Palermo.

  • Dopo aver assunto e rielaborato lo spirito della Transavanguardia,espone le sue opere nell’antico eremo della Quisquina.

 Negli anni ’Novanta le sue prime esperienze espositive personali e di gruppo, a Roma, nella galleria la Nuova Pesa, e partecipando a diversi eventi espositivi indicativi degli sviluppi artistici della sua generazione: Palazzo delle Esposizioni (Giovani Artisti IV-1992), Premio Michetti-1992 e Premio Marche 1994, entambi a cura di Renato Barilli)

 

« La frammentarietà di Leto è il sintomo di una mentalità che non vuole opporre ad un ordine un altro ordine, e invece intende approfittare della crisi dell'ideologia per mettere in evidenza le ragioni di un io che si arricchisce mediante il conflitto permanente con la storia.(…) », scrive Achille Bonito Oliva, il quale ha più volte accompagnato il lavoro dell’artista


beni ambientali

La villa comunale è uno dei luoghi più suggestivi e tranquilli di Santo Stefano Quisquina, oltre a offrire refrigerio nei mesi estivi è un luogo d'incontro frequentato volentieri dai stefanesi.

Fu realizzata intorno al 1910 in seguito ad una frana avvenuta alla fine dell'Ottocento che distrusse alcune abitazioni, fra cui la Chiesa della Maddalena minacciando anche la Chiesa Madre. Per porre rimedio ai danni causati dallo smottamento del terreno si ebbe l'idea di creare un giardino pubblico ricco di alberi le cui radici avrebbero fermato il terreno.

La villa presenta una varietà botaniche come tigli, cipressi, salici, pini, palme, tasso. Varcando il cancello di ingresso il maestoso Viale dei tigli. All'interno della villa si trovano un parco giochi per i bambini, un campo di tennis e un numeroso numero di panchine dove sostare.